Ogni società sportiva è un microcosmo con mille figure che girano e operano al suo interno. Due pilastri importanti per ogni club che si rispetti sono il Direttore Tecnico e il Direttore Sportivo; senza di loro l’attività che si svolge non sarebbe la stessa.
Per la stagione 2021/2022 all’interno del rugby Cernusco sono SEBASTIANO DRAGONI e ROBERTO MAGRASSI a ricoprire questi ruoli.
Durante un’attività abbiamo posto loro alcune domande. Ecco l’intervista con le loro risposte:
Come ti sei avvicinato a questo sport? Come sei entrato e da quanto fai parte della famiglia del rugby Cernusco?
SEBA: Faccio parte della famiglia da 16 anni, mi ricordo di aver provato diversi sport di squadra prima del rugby, ogni volta che sono andato a quelli che oggi chiamano openday sapevo che sport stavo andando a provare, ovviamente tutti tranne che il rugby.
Mi ricordo il mio primo allenamento come se fosse ieri, in Under9 allenavano Martino e Ivan. Era un sabato di quelli in cui aveva smesso di piovere da qualche oretta, non è stato tanto importante come sono entrato in campo, ma come ne sono uscito…amore a prima vista!
ROBI: Era il 1970, il 5 nazioni ogni sabato pomeriggio sulla RAI.
Il Galles era quello con la maglia di una tonalità di grigio fra la Scozia e l’Irlanda, il rosso in tv arrivò un po’ dopo.
Barry John, Garreth Edwards, Jpr Williams erano i miei eroi! I cattivi erano vestiti di bianco ma, per fortuna, perdevano sempre.
Al Rugby Cernusco sono arrivato nel 2013 per far conoscere il gioco a mio nipote. Lui ha cambiato sport e io ho trovato una
famiglia.
Cosa ne pensi del ruolo che ti è stato assegnato?
SEBA: Sono entusiasta del ruolo che mi è stato assegnato. È la mia prima esperienza con questa responsabilità e chi mi conosce sa quanto io sia meticoloso: ho sete di risultati.
ROBI: Dico che è una responsabilità molto grande e un onore. Tuttavia è divertentissimo.
Quali sono i vostri obbiettivi a breve termine?
SEBA: Costruire un ambiente stimolante per la crescita dei bambini, partendo dalla formazione degli allenatori.
ROBI: Ricominciare dopo la pandemia sicuri che una società sportiva avrà un ruolo fondamentale per la socialità e l’educazione dei bambini.
Quali sono i vostri obbiettivi a lungo termine?
SEBA: Gli obbiettivi sono sia sportivi che educativi. Vediamo nei bambini il futuro della società, l’idea è che loro un giorno facciano meglio di noi; il resto saranno solo conseguenze.
ROBI: L’ambizione più grande è quella non solo di avere giocatori intelligenti ma donne e uomini migliori.
Se vi chiedessimo di sognare in grande?
SEBA e ROBI: Non è solo un sogno ma un progetto che ci siamo dati per i prossimi tre anni: diventare un club professionale che possa confrontarsi con tutte le realtà del minirugby italiano.
Qual è il ricordo più bello e il più brutto da allenatore?
SEBA: Di brutti non ne ho, al massimo qualche dispiacere. Vedere bambini o ragazzi cambiare società per me è un sconfitta personale e non ne farò mai una colpa a chi prende questa scelta.
Di belli ce ne sono svariati, tra gli ultimi più indelebili ce n’è uno molto recente in cui Gabrielino (U13) dopo le vacanze mi saluta e mi dice: “ Seba sei tornato!” “Come Stai?” “sono felice che tu sia guarito”.
ROBI: I ricordi riguardano una tipologia di bambino. È un bimbo che si sente troppo piccolo, troppo fragile, inadeguato.
Ecco, se questo piccolo atleta riesce a superare le paure e, non solo decide di restare, ma si appassiona il ricordo è bellissimo!
Tanto quanto è brutto quando rinuncia, quando non supera l’inadeguatezza e si allontana. Anche perché spesso è una mia responsabilità.
Cosa ne pensate dello sviluppo del nostro sport in Italia e secondo voi la pandemia ha lasciato un segno nel nostro sport?
SEBA E ROBI: La pandemia ha inciso non solo sullo sport ma nella vita delle persone.
La formazione educativa e sportiva dei bambini in Italia è all’età della pietra. I tecnici che lavorano in questo ambito spesso vengono considerati come hobbisti. Quando alla base della FIR l’allenatore dilettantistico assumerà l’inquadramento di una professione vera e propria potremo fare il salto di qualità necessario. Ovviamente il percorso formativo deve essere il più scrupoloso e qualificato possibile.
Che consiglio daresti all’altro prima di intraprendere quest’avventura?
SEBA: Dare consigli ad uno che ha 40 anni in più di me non è facile. A parte gli scherzi, credo che fino ad ora io e Robi ce li siamo chiesti prima che dati. Non voglio interrompere questa abitudine.
ROBI: Allora mettiamola sul personale anche perché sul tecnico ho poco da consigliare.
Seba innanzitutto è un mio amico nonostante il fatto che potrei essere suo nonno e, credo, sia una bella cosa fra un direttore sportivo e un direttore tecnico.
Che dirgli? Resta quello che sei il più a lungo possibile.